RECENSIONE - " Il rifugio delle ginestre" di Elisabetta Bricca

Titolo : Il rifugio delle ginestre
Autrice: Elisabetta Bricca
Editore: Garzanti
Genere: Contemporary Romance
Formato: e-book/ cataceo
Prezzo: 9,99€/ 16,90 €
Data pubblicazione: 8 Giugno 2017
Protagonisti: Sveva
Pagine: 208


È una calda mattina d’estate sulle colline umbre e nell’aria aleggia un profumo inconfondibile di rose e lavanda. Sveva è solo una bambina e sta correndo felice nei campi non lontani da casa. Al collo il suo ciondolo preferito. Non è un ciondolo qualsiasi: racchiude una piccola radice di ginestra, il fiore della forza e dell’attaccamento alle proprie origini, simbolo di un passato che le parla di tradizioni popolari e antiche leggende.  Ormai sono passati anni da allora e Sveva non crede più in quelle storie. Da quando si è trasferita a Roma per fare la copywriter in un’agenzia di grande successo, ha preferito lasciarsi alle spalle quel passato ingombrante in cui non si riconosce più.  Eppure, è in quel casale della sua infanzia, pieno di ricordi e segreti nascosti, che ora deve tornare. Gliel’ha fatto promettere sua madre. Sua madre che, prima di morire, riesce solo a rivelarle che lì potrà trovare piccole tracce in grado di condurla a suo padre. Quel padre che Sveva non ha mai conosciuto. Per lei non c’è altra scelta che partire. E non appena arriva in quella terra dove è ancora la natura a dettar legge, il ciondolo recupera la sua antica forza e le ricorda che solo qui potrà trovare le risposte alle tante domande su sé stessa e sulle proprie origini che la tormentano da anni. Ora, Sveva è pronta a cercare e conoscere la verità. Per lei è finalmente arrivato il momento di chiudere una volta per tutte con il presente e guardare al futuro con occhi nuovi. Ha bisogno di recuperare le proprie radici e sentirsi di nuovo a casa proprio in quel luogo che conserva echi di amicizie autentiche e di amori che superano la prova del tempo. Perché non è mai troppo tardi per scegliere ancora la vita e l’amore, anche se a volte sembrano lontani e inafferrabili.


Elisabetta Bricca, nata e cresciuta ner core di Roma, è laureata in Sociologia, comunicazione e mass media; è copywriter, autrice e traduttrice. Vive con il marito e le due figlie al Rifugio del Daino, un antico casolare umbro circondato da ulivi e boschi, che domina il Lago Trasimeno. È appassionata di arte, cucina, vino e natura.



Cari lettori, ho letto per voi, con immenso piacere, Il rifugio delle ginestre di Elisabetta Bricca, edito da Garzanti. Si tratta di un romanzo contemporaneo ambientato prevalentemente in Umbria e parzialmente a Tropea. La storia comincia con il descriverci la protagonista, Sveva, da bambina, la sua vita nel casale tra le campagne umbre, il contatto con la natura, la magia della terra. Sveva è cresciuta accanto a Malvina, una tata speciale che le ha insegnato a sentire cose che non si possono vedere, e che si è sempre presa cura di lei, anche quando sua madre non c’era.
Sveva non ha avuto un’infanzia come le altre bambine, lei era senza padre, con una madre poco presente, e questo le ha sempre pesato.
Ora Sveva è una donna che lavora a Roma, è dura e forte, ma un avvenimento drammatico mette tutto in discussione. La morte di sua madre le fa riconsiderare la sua vita e decide di cambiarla, anche per assecondare l’ultima volontà della madre.

 “Cercalo, Sveva….cerca l’indaco”

Sveva lascia tutto e torna in Umbria, nei luoghi della sua infanzia, dove nonostante tutto si è sentita felice e se stessa. Ha bisogno di riscoprirsi, si sentirsi a casa perché sotto quella scorza dura c’è una donna fragile, che cerca certezze. Per questo è tornata, per cercare la verità su suo padre.

“Acqua. Foglie. Terra. Non avevano più significato per lei da tanto, troppo tempo. Aveva dimenticato di ascoltare se stessa, aveva scordato la propria voce interiore. L’aveva soffocata. Il cemento aveva preso il posto del verde accecante dei campi. Una bambina strappata alla sua terra e portata in una grande città. Un’adolescente senza padre, con una madre hippie, fragile e insicura, bersaglio di compagni forti del suo bisogno d’amore. Una donna sola. Si era costruita una corazza per sopravvivere, aveva fatto della carriera il suo riscatto. Il suo modo per dire al mondo ‘guardate, eccomi qui. Guardate dove sono arrivata.’ Eppure, c’era stato un tempo in cui aveva creduto nella magia, nel potere consolatorio della Natura. Il tempo dell’innocenza, dell’infanzia. Il tempo in cui tutto appariva semplice e le parole di Malvina le facevano bene al cuore. Da quanto tempo non tornava al casale?”

Nel casale umbro Sveva si riconoscerà e prenderà di nuovo contatto con i suoi ricordi e sentimenti più profondi, aiutata da Malvina. Rurik, un vicino di casa bello e particolare, le insegnerà che le scelte vanno prese quando è il momento, e che bisogna avere il coraggio di cambiare. 
La trama ci descrive già tutta la storia, ma non ci parla della magia che evoca questo romanzo. Le descrizioni sono accurate e piene di sentimento, sembra veramente di essere tra i campi di grano o di fiori. Avevo quasi l’illusione di poter sentire il profumo della lavanda e delle ginestre. Anche la cucina ha un ruolo importante, incarna le tradizioni e l’appartenenza al territorio. 
L’autrice è stata capace di trasportarci nella campagna umbra e poi a Tropea, raccontandoci l’anima dei luoghi, dei personaggi, le tradizioni culinarie e mistiche. 

“ Se quella era magia, perché lo era, l’affascinava e le incuteva soggezione allo stesso tempo. Eppure, testimone di gesti ed eventi arcani, estranei a ogni logica umana, non provava paura. Anzi, si sentiva parte del tutto: sentiva palpitare i frutti della terra, del mare, e quegli incantesimi lanciati nell’aria le mostravano che anche l’impossibile poteva essere reale.”

Il ruolo della magia popolare è molto importante e lega tutti gli avvenimenti del romanzo. Tutto viene descritto in maniera suggestiva, onirica. 
L’elemento magico che evoca antiche credenze e superstizioni è un qualcosa in più, arricchisce la storia e mi ha fatto venire un po’ la pelle d’oca. L’amore per i luoghi e le tradizioni l’ho sentito tutto e lo condivido profondamente. 
La narrazione in terza persona è stata la scelta più giusta in quanto conferisce eleganza alla scrittura, e soprattutto ci fa vivere a tutto tondo la storia. Inoltre è come se guardassimo tutto dal di fuori ma fossimo immedesimate in Sveva, una sensazione singolare ma intensa. I periodi sono, per la maggior parte, brevi come i dialoghi, cosa che ho apprezzato e che caratterizza uno stile molto diretto e pulito, ma forte e chiaro. È come se ogni parola fosse importante, anche una semplice congiunzione. Tutto concorre a enfatizzare i pensieri e gli stati d’animo. Gli inserti dialettali nei dialoghi sono fondamentali per rendere tutto vero e caratteristico.
Le radici sono importanti, per questo Sveva cerca le sue sperando di riuscire a sapere di più su suo padre. Questo viaggio la porterà a riscoprire l’affetto per la sua, seppur non convenzionale, famiglia. Un oggetto in particolare fa da ponte tra il passato, il presente e il futuro di Sveva, un ciondolo con una radice di ginestra. 

“Il ciondolo, quel ciondolo era tutto ciò che rimaneva del passato. Ma non aveva la forza, Sveva, di tirarlo fuori dalla tasca. Non aveva il coraggio di guardare la radice di ginestra, oltre la trasparenza del vetro. Sarebbe stato come riflettersi in uno specchio e capire che lei, ora, era altro. Eppure lo strinse tra le dita e ne sentì il calore. E seppe che avrebbe trovato la forza di reagire.”

Le ginestre sono un simbolo carico di significato, e fanno da sfondo al romanzo. Le ritroviamo anche nel titolo, che come non sempre accade, è perfettamente coerente e rappresentativo. 
Grazie a una scrittura semplice, ma ricercata allo stesso tempo, scivoliamo velocemente e senza fatica tra le pagine della storia di Sveva, provando le sue stesse emozioni.
Un romanzo particolare e suggestivo, dolce, calmo e pieno di sentimento di cui consiglio la lettura a tutti e che valuto con un 5/5, senza dubbi.

Buona lettura!





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