RECENSIONE - "Aspettando te" di Carlotta Pino
Titolo: Aspettando te
Autrice: Carlotta Pino
Editore: PubMe
Genere: racconto rosa
Formato: ebook
Prezzo: 2,99 €
Data pubblicazione: 22/12/2017
Pagine: 52
Serie: Autoconclusivo
ORDER
Autrice: Carlotta Pino
Editore: PubMe
Genere: racconto rosa
Formato: ebook
Prezzo: 2,99 €
Data pubblicazione: 22/12/2017
Pagine: 52
Serie: Autoconclusivo
ORDER
Shannon è figlia di emigrati napoletani in Svezia, il padre è un uomo che non sa amare la propria famiglia ed è assente e lontano, la madre da sola si prende cura della famiglia e del ristorante che è di loro proprietà. Shannon, all’inizio della scuola media viene mandata ad un campo estivo dove conosce Derek un ragazzo solitario e cupo. I due iniziano un’amicizia fatta di condivisione e monellerie, ma poi la madre di Derek, separata dal marito violento, decide di ritornare a Napoli per ricevere l’aiuto della sua famiglia d’origine, i due ragazzi si devono lasciare. Shannon scopre di essersi innamorata di Derek, ma i due non si vedono e non hanno più contatti per una decina di anni, poi un’amica comune consegna alla ragazza il numero di telefono di Derek e inizia una corrispondenza telefonica fra i due dando inizio ad una sorta di legame. In una delle conversazioni telefoniche Derek confessa di essersi unito ad un gruppo di malavitosi e di condurre una vita sbagliata, apparendo agli occhi di Shannon come un a persona bisognosa di aiuto e da salvare. Nel cuore della ragazza questo sentimento d’aiuto diventa così forte da spingerla a raggiungerlo a Napoli, approfittando di una vacanza che la sua famiglia fa nella costiera amalfitana. Quando lei arriva a Napoli di lui neanche l’ombra, non risponde al telefono, ai messaggi, solo l’ultima notte lui la chiama e lei che aveva deciso di non vederlo più, perché aveva visto su Facebook che era con una ragazza, invece, accetta di incontrarlo. I due si vedono, ma le bugie di Derek e il suo comportamento convincono Shannon a ritornare a casa con i genitori.
Però Derek la sorprende andando da lei proprio l’ultimo giorno prima della partenza lui le chiede di rimanere ancora, infatuata di lui lei accetta di rimanere a Napoli con uno stratagemma. Una sera Shannon viene portata ad un festino dove gira droga e dove lei vive la prima volta l’amore con lui. Gli episodi in cui Derek fa uso di droghe pesanti si ripetono e quando lei si lamenta con lui di ciò che avviene, Derek le dà uno schiaffo. Shannon ritorna a casa. Passano gli anni e un giorno lui la richiama, si riallaccia un legame telefonico e lui diventa ossessivo, la fa pedinare, è violento verbalmente tanto da portare Shannon a interrompere i rapporti con lui intimorita e spaventata dai suoi comportamenti. La ragazza conosce un nuovo ragazzo, Nathan, di cui non è innamorata, la sua famiglia lo adora e lui è dolce e gentile, un bravo ragazzo che le chiede di sposarla. Lei non lo ama, ma accetta di diventare sua moglie. Proprio il giorno in cui prova l’abito di nozze, riappare Derek con una telefonata. Lei non sa resistere e risponde arrivando ad accettare di andare da lui e abbandonare il suo futuro marito e la sua famiglia. Si reca a Napoli dove addirittura decide si sposarsi in chiesa con Derek. Shannon sente la necessità di tornare dalla sua famiglia per dare delle spiegazioni soprattutto a Nathan. I suoi genitori nel frattempo avevano contattato Derek e gli avevano chiesto di lasciare in pace la figlia e dal quel momento lui smise di chiamare e rispondere alle chiamate di Shannon. In seguito la ragazza scopre che lui, appena lei è partita ha iniziato una nuova relazione e che, fatto ancora più grave per lei, le aveva nascosto di avere avuto una figlia da una relazione precedente. La fine della vicenda si conclude con un allontanamento di Shannon da Derek, ma solo fisico perché il suo cuore è prigioniero dell’amore per lui.
Sono Carlotta Pino, ho venticinque anni e vengo da Nicosia, un paesino della Sicilia. Attualmente faccio dei piccoli lavori saltuari, quando capitano, visto il periodo di particolare crisi i cui ci troviamo. Ho frequentato molti corsi di formazione per lo più nell'ambito della formazione infantile e della psicologia, materie che mi affascinano da sempre. Ho sempre avuto la passione per la scrittura, scrivo da quando ero bambina. Ho iniziato così per gioco a scrivere su dei fogli che poi rimanevano li, sulla scrivania. Oppure come la maggior parte delle bambine scrivendo il diario segreto. Scrivo per hobby, mi fa stare bene , ma tutto si fermava li, e quei fogli rimanevano solo miei. Fin che, un giorno, dopo essermi imbattuta in una delle tante esperienze che la vita pone davanti quotidianamente ad ognuno di noi, mi sono soffermata a riflettere su ciò che per me era davvero l'amore, nella sua essenza più pura. Li è nata l'idea del libro. Il mio intento era quello di trasmettere le emozioni così come le percepisco io e spero vivamente di esserci riuscita. Perché, in fondo, l'amore è il dono più prezioso che la vita ci offre, sta a noi averne cura e farlo crescere ogni giorno di più.
Mi è stato proposto di leggere questo scritto che non si può definire un romanzo perché di sole 52 pagine e non si può definire un racconto perché diviso in capitoli, che hanno il solo scopo di aiutare l’autrice a mandare avanti la trama. La cover del libro è poco accattivante e anche il titolo è senza mordente e rende quasi scontato il contenuto.
Narrato in prima persona, come un diario personale presume però un lettore al quale la protagonista rivolge le sue riflessioni, spiega e dà informazioni, ad esempio ad un certo punto l’autrice scrive: “sia chiaro”, sottointendendo a chi legge.
Questa scelta narrativa di solito ha lo scopo di coinvolgere il lettore, di farlo diventare empaticamente parte della narrazione, come se il lettore fosse negli occhi e nella vita di chi vive l’esperienza narrata. In questo scritto invece, la scelta della prima persona causa una sorta di estraniamento in chi legge che non riesce ad immedesimarsi perché si sente che quella è solo una storia privata, reputata unica da chi la narra, da raccontare, ma non da condividere, come se solo la protagonista (e con lei l’autrice) possa averla vissuta e averne provato le emozioni.
C’è un’urgenza di raccontare e mettere sul piatto gli avvenimenti proprio come in un diario, e per questo motivo la trama risulta inconsistente, piena di incongruenze, dettata da un pressapochismo nelle descrizioni di luoghi, personaggi, situazioni ed emozioni.
I personaggi rimangono piatti e senza spessore, al centro di tutto c’è la malattia d’amore, la dipendenza emotiva e affettiva della protagonista che oscura anche il narcisismo di Derek che sembra solo un ologramma, una proiezione della mente di Shannon che lo rende sempre bello, degno d’amore e di comprensione nonostante egli sia un essere privo di bontà e bei sentimenti. Il tempo della narrazione è sconosciuto e confuso, perché ciò che conta è il pensiero fisso della protagonista, la sua malattia mentale, la sua dipendenza d’amore.
Gli ambienti non sono descritti e le situazioni raccontate in due parole, compresa la scena d’amore liquidata in poche righe. Ci sono poi, delle vere e proprie assurdità che non sono credibili: i due ragazzini che giocano tra di loro si svuotano un barattolo di vernice in testa… i due si sposano in chiesa senza i tempi tecnici convincendo il prete, alla Don Abbondio e tante altre che scoprirete se deciderete di leggerlo.
I dialoghi non esistono sembrano sms e spesso l’autrice riporta il pensiero della protagonista virgolettato: Mi domandavo: “chi conoscerò?”.
Il testo è costellato di ovvietà, ad esempio quando sceglie di lasciare il futuro marito e corre dal bel tenebroso la protagonista dice: adesso so che sembra una cosa stupida, ma quel gesto…; oppure per scusare il comportamento indegno di Derek afferma: se tua madre si fosse presa cura di te ora sicuramente non saresti arrivato così in basso. Il testo è costellato da tali frasi ovvie e saccenti che lasciano il lettore perplesso e anche un poco innervosito.
Dal punto di vista grammaticale e lessicale ci sono delle scorrettezze (aveva divorziato con il marito; io rimasi incredula di ciò che aveva fatto..) o ingenuità descrittive come: lo vedevo nei nostri occhi (??) al solo pensiero le lacrime scivolavano giù da sole lungo le guance.
Devo dire che leggerlo mi ha irritato molto, perché un tema così drammatico come la dipendenza affettiva, il tema dell’amore malato viene trattato con leggerezza e si sottende che l’unico modo vero d’amare sia quello, cioè perdersi per l’altro, rinunciare a sé per salvare l’altro. L’amore non può essere ossessione, non può acquisire spessore se è malato e unilaterale, se si pensa di fare le crocerossine rinunciando a se stesse. Non si riesce a dimenticare un amore così perché si è cadute nella trappola dell’amore di un narcisista. Sinceramente non lo consiglierei soprattutto alle giovani che stanno ancora cercando di capire cosa significhi amare e sono fragili davanti a figure di loschi bei tenebrosi, lo consiglierei invece a lettori narcisisti che si rispecchierebbero perfettamente in queste poche pagine, ritrovando un’immagine di sé perfetta negli occhi di una donna che non sa amarsi.
Consiglierei all’autrice di rivedere il suo scritto e di riflettere su come è possibile trasformare un abbozzo d’idea in un romanzo.
Buona lettura!
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